Assegno sociale: la rinuncia al mantenimento non preclude il diritto del richiedente

L’articolo 3, comma 6, della Legge n. 335 dell’8 agosto 1995 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico l’assegno sociale. Si tratta di una prestazione economica di natura assistenziale che dal 1 gennaio 1996 ha sostituito la pensione sociale.

Scopo della prestazione è quello di garantire un sostegno economico a tutti i cittadini che, una volta raggiunta una determinata età, si trovano in condizioni economiche disagiate e di bisogno.

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sociale sono:

– l’età, oggi fissata in 67 anni, originariamente fissata in 65 anni;

– la cittadinanza italiana, anche se a determinate condizioni l’assegno è riconosciuto anche ai cittadini dell’Unione Europea e agli stranieri titolari di specifici permessi di soggiorno, a determinate condizioni di residenza continuativa sul territorio nazionale;

– la residenza effettiva e stabile in Italia;

– lo stato di bisogno che si configura tutte le volte in cui il soggetto richiedente la prestazione possiede redditi inferiori ad una soglia che viene annualmente determinata per legge.

Con due ordinanze pubblicate di recente, la Corte di Cassazione (ordinanza n. 23341/2025 del 15 agosto 2025 e n. 23407/2025 del 16 agosto 2025) si è nuovamente occupata della questione circa la compatibilità tra l’assegno sociale e la rinuncia e/o la mancata richiesta in sede di separazione o divorzio dell’assegno di mantenimento da parte del richiedente la prestazione.

In altri termini, la questione affrontata dalla due ordinanze della Cassazione riguarda la debenza o meno da parte dell’Inps dell’assegno sociale all’assistito che, pur trovandosi in una condizione di indigenza economica, con la separazione o il divorzio abbia volontariamente rinunciato all’assegno di mantenimento.

In entrambi i casi trattati dai giudici della Suprema Corte, l’Inps aveva rigettato la richiesta avanzata da due assistiti tesa al riconoscimento del diritto all’assegno sociale, sul presupposto che i richiedenti avevano rinunciato in sede di separazione all’assegno di mantenimento da parte dei rispettivi coniugi.

I giudici di merito avevano negato il diritto all’assegno sociale sul presupposto:

a) che il cittadino che si trova in stato di bisogno economico, prima di rivolgersi alla solidarietà generale, è tenuto a richiedere il sostegno del coniuge in adempimento degli specifici obblighi derivanti dal vincolo coniugale;

b) la rinuncia all’assegno di mantenimento viene interpretata come una dichiarazione implicita di autosufficienza economica o, nei casi più gravi, come un “intento elusivo” volto a creare artificiosamente i presupposti per accedere alla prestazione pubblica, scaricando sulla collettività un onere che dovrebbe gravare sul nucleo familiare. Tale rinuncia fonderebbe una presunzione di possesso di redditi occulti o, comunque, di assenza di un reale stato di bisogno.

(Articolo a firma dell’Avv. Giovanni Iaria pubblicato sul portale giuridico news.avvocatoandreani.it)

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