Contributo di soggiorno: la Corte Tributaria di primo grado di Roma annulla gli accertamenti basati su dati non attendibili (sentenza n. 4603/2025)

Con la sentenza n. 4603/2025, depositata il 4 aprile 2025, la Corte Tributaria di primo grado di Roma accoglie il ricorso di una società ricettiva, annullando diversi avvisi di accertamento sul contributo di soggiorno. I giudici ribadiscono che le pretese fiscali devono basarsi su dati certi e attendibili.

Una società, titolare di tre strutture turistiche nel centro di Roma, ha impugnato cinque avvisi di accertamento relativi al contributo di soggiorno per gli anni 2021 e 2022. Nel ricorso, la società ha evidenziato di aver regolarmente provveduto al pagamento del tributo, anche tramite l’intermediazione di piattaforme come Airbnb, e ha contestato l’erroneità dei dati utilizzati dall’amministrazione, che non tenevano conto né delle ipotesi di esenzione come nel caso di minori o residenti, né dei soggiorni di day use, in cui non si realizza il presupposto impositivo.

Con la sentenza n. 4603 depositata il 4 aprile 2025, la Corte di Giustizia Tributaria di Roma ha accolto il ricorso con condanna di Roma Capitale al pagamento delle spese di lite, CUT e accessori.

I giudici hanno ritenuto che Roma Capitale avesse fondato gli avvisi di accertamento su dati trasmessi dalle Questure, anonimizzati e aggregati a fini di ordine pubblico, i quali non forniscono elementi probatori idonei per sorreggere la pretesa fiscale. La Corte ha sottolineato che tali dati non tengono conto delle effettive esenzioni previste dalla normativa né della reale presenza degli ospiti nelle strutture. Inoltre, è stato rilevato che l’amministrazione non aveva adeguatamente verificato i versamenti effettuati tramite piattaforme di intermediazione come Airbnb, rendendo così gli accertamenti ulteriormente inattendibili. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’onere della prova circa il presupposto d’imposta grava sull’amministrazione finanziaria, la quale è tenuta a fondare le proprie pretese su dati completi, precisi e attendibili.

Questa pronuncia rappresenta un importante chiarimento sulla necessità che gli accertamenti tributari siano basati su elementi certi e verificabili. L’uso di dati aggregati e anonimi, finalizzati a tutt’altro scopo, non è sufficiente a fondare una pretesa impositiva in materia di contributo di soggiorno. La sentenza si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale sempre più attento alla tutela dei contribuenti contro accertamenti fondati su presunzioni prive di adeguato supporto probatorio.

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